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Tracce di Resistenza a Cadoneghe

Un nuovo progetto per far conoscere i luoghi più significativi della Resistenza a Cadoneghe.

Negli anni della Guerra Cadoneghe ha circa 6.000 abitanti. L’economia agricola conta, ma le giovani generazioni sono ormai da tempo impiegate per lo più nell’industria. Qui è attiva l’industria meccanica “Giovanni Breda”, ma molti giovani di Cadoneghe vanno a lavorare a Padova (Officine della Stanga, Snia Viscosa, fabbriche dell’Arcella e Pontevigodarzere). Cadoneghe è il massimo centro di reclutamento del “Battaglione Sparviero”, il più attivo e combattivo della Brigata Garibaldi “Franco Sabatucci”. I partigiani sono prevalentemente giovani, e non mancano,  con  funzioni  preziose  di staffette, varie ragazze. Il partigiano che avrà funzioni di comando è Raimondo Zanella “Giani”, il dirigente politico più importante è Virginio Benetti, Sindaco di Cadoneghe dal 1946 al 1960. L’esperienza della Resistenza ha avuto a lungo un peso importante nell’orientamento politico e culturale dei cittadini di Cadoneghe: non a caso molte “tracce di resistenza” sono ancora presenti, nella toponomastica e nei segni della memoria pubblica.

Cippo ai partigiani caduti il 29 aprile 1944

Il cippo si trova lungo la vecchia Statale del Santo in loc. Terraglione. Alla fine di Aprile 1945 le truppe alleate dilagano nella Val Padana e costringono i fascisti alla resa e i tedeschi alla ritirata lungo tutte le vie che portano verso il confine con l’Austria. Il Comando Alleato e il Comitato di Liberazione dell’Alta Italia impegnano le formazioni partigiane, rinforzate da molti giovani entusiasti ma inesperti militarmente, a ostacolare in tutti i modi la risalita delle truppe tedesche. Al Terraglione, durante uno scontro armato, cadono quattro partigiani e  patrioti  di  Cadoneghe, Vigodarzere, Campodarsego: Aldo Piotto, Italo Maiolo, Severino Marcato, Antonio Cesaro. Dopo la Liberazione il Comune di Cadoneghe fa erigere un cippo sul luogo dello scontro. Negli anni Cinquanta vandali fascisti lo distruggono con l’esplosivo. Ma la ricostruzione, su sottoscrizione popolare, è quasi immediata. Fu il sindaco Virginio Benetti, che per il suo antifascismo ha conosciuto carcere, confino ed esilio, a reinaugurarlo.

Campagnon dei Bettanini, base partigiana dei Garibaldini

A Codiverno di Vigonza, subito dopo il Ponte sul Tergola, al confine fra Cadoneghe (Bagnoli) e Vigonza (Codiverno), troviamo i resti di un paesaggio agricolo vasto, all’epoca in parte coltivato, in parte acquitrinoso, di proprietà della famiglia Bettanini, che in Comune di Vigonza possedeva anche una fornace. Qui, a partire dalla primavera-estate del 1944, parecchie decine di partigiani della zona hanno un vero e proprio accampamento fatto di tende e capanne. Da qui partono per compiere numerose azioni di guerriglia, che colpiranno tedeschi e fascisti, muovendosi  fra  Cadoneghe, Vigonza, il Camposampierese, parte del Miranese. I partigiani qui nascosti fanno la guerriglia a tempo pieno, sotto la guida di Raimondo Zanella “Giani”. Altri partigiani sono invece nascosti nelle loro case e partecipano solo ad azioni notturne. La base partigiana costituisce quindi una spina nel fianco di tedeschi e fascisti, che riusciranno a smantellarla solo nel tardo autunno 1944.

Lapide a ricordo del comandante Raimondo Zanella “Giani”

Davanti a Villa Mocenigo, una lapide ricorda Raimondo Zanella “Giani”. Nato nel 1914 a Cadoneghe, di mestiere aveva fatto il “pescatore di fiume”.  Uomo scaltro e coraggioso, era entrato da giovane nelle file dell’antifascismo e nel Partito Comunista. Processato e condannato al confino, prima a Ventotene, poi alle Tremiti, durante la Resistenza ha un ruolo importante come comandante militare. Arruolatosi nelle Brigate Garibaldi, parte da Cadoneghe e va in Friuli già nell’autunno 1943; poi è uno dei capi militari di una delle prime formazioni garibaldine venete, quella che sale, sopra Recoaro,  sui monti di Malga Campetto (febbraio 1944) e che diventerà la Brigata Stella. Tornato a Cadoneghe diventa uno dei capi riconosciuti del Battaglione Sparviero. Catturato dai fascisti, scappa, con grande abilità e coraggio, evitando una sicura condanna a morte. Zanella  guida l’insurrezione che porta alla Liberazione di Cadoneghe. Nel dopoguerra lavorerà come semplice bidello dell’Università di Padova.

Sacrario dei Caduti della Resistenza, partigiani e civili

Presso il Cimitero di Cadoneghe, un grande sepolcro collettivo, costruito subito dopo la guerra, accoglie le spoglie di partigiani, patrioti, oltre a civili uccisi dallo scoppio della Casa del Fascio (1/5/1945). Qui riposano, tra gli altri, Guido Franco, partigiano gappista di Cadoneghe, fucilato dai fascisti il 15 Aprile 1945; Giannino Garato, garibaldino, morto in combattimento nell’ottobre 1944; Antonio Lotto, innocente contadino, ammazzato a sangue freddo dai fascisti di Ponte di Brenta nell’ottobre del 1944, davanti alla famiglia; Bruna Boldrin, una coraggiosa staffetta partigiana giunta viva alla Liberazione ma che perse la vita nel tragico scoppio del Primo Maggio 1945; Giuseppina Bertorelle e Angelo Parpaiola, anch’essi vittime del Primo Maggio. Qui riposa anche il partigiano Pietro Bedin, che si tolse la vita nella Caserma fascista di Ponte di Brenta il 22 settembre 1944: si impiccò per non parlare e salvare così molte vite. Tutto loro “Combatterono per la libertà” di cui oggi godiamo.

Lapide a ricordo delle vittime dello scoppio del Primo Maggio ‘45

A Mejaniga, via Gramsci, presso l’Ufficio Tecnico del Comune, una lapide ricorda le vittime del tragico scoppio della Casa del Fascio del Primo Maggio 1945. A Liberazione appena compiuta, nella Casa del Fascio conquistata dai partigiani, si svolge una grande festa popolare. Partecipano partigiani in armi, cittadini, famiglie, bambini. Chi c’era ricorda una gioia indescrivibile. A un certo punto, circa alle 15:30, due fortissimi scoppi fanno letteralmente saltare in aria l’edificio. Sotto le macerie rimangono decine di persone: venti saranno i morti, fra questi  partigiani,  madri  di  famiglia, passanti, bambini. Angelo Parpaiola, 9 anni, è il più giovane. Ci sono vittime di Padova, Vigonza, c’è anche un ragazzo di 14 anni, Roberto Bassani, di Ancona. Le cause dello scoppio sono tuttora ignote. Probabile una gestione imprudente di munizioni, armi ed esplosivi accatastati nell’edificio dopo che i patrioti insorti li avevano sequestrati ai tedeschi in ritirata. Le giornate della libertà si aprono con una tragedia.

Via Guido Franco a Mejaniga

Guido Franco nacque in questa via il 5 ottobre 1921. Orfano di entrambi i genitori, visse con gli zii e i cugini. Entrato clandestinamente nei GAP, i Gruppi di Azione Patriottica, partecipo’ a diverse operazioni, alcune più famose nel tardo autunno 1944: la liberazione dall’Ospedale Civile di Padova del capo partigiano Giovanni Zerbetto, ferito e catturato dai fascisti, e la “beffa dei Paolotti”: Guido e i suoi compagni, travestiti da tedeschi, liberarono dal carcere una ventina di donne partigiane. Di giorno Guido, per non destare sospetti, si era arruolato nella Compagnia di Sicurezza,  un repartodell’esercito tedesco. Catturato nel marzo del 1945 su delazione di un comandante garibaldino sottoposto dai fascisti a torture atroci, fu processato e condannato a morte per fucilazione alla schiena con Nerone Nalesso e Bruno Lazzaretto. La sentenza fu eseguita all’alba del 15 Aprile 1945 nella Caserma di Chiesanuova, tredici giorni prima della Liberazione della città di Padova.

Resti delle Officine “Giovanni Breda”

Fondato come Officine Oblach, lo Stabilimento assume la nuova denominazione negli anni Trenta e diviene una delle più importanti fabbriche venete di macchine utensili. In esso opera una manodopera altamente specializzata (meccanici, tornitori, modellisti, attrezzisti) e, insieme, politicizzata in senso antifascista. Durante la Guerra la fabbrica e’ militarizzata, sotto il diretto controllo dei Tedeschi, ma molti operai e quadri sono impegnati nella lotta di Resistenza. La Breda partecipa agli scioperi contro la guerra e contro il fascismo del 1943 e 1944. Nel dopoguerra sarà una delle fabbriche più combattive e sindacalizzate della Provincia. Il primo Sindaco di Cadoneghe, nominato dal CLN nel Maggio 1945, sarà il comunista Romeo Zanella, apprezzato caporeparto della Breda. Dopo la chiusura, nel 1992 è sorto un quartiere residenziale al posto delle Officine meccaniche ed è stato conservato lo “scheletro” della Fonderia, in attesa di restauro.

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